IL James Webb Space Telescope (JWST) cattura quasar e galassie in rapida crescita nell'universo lontano

Questo sito utilizza cookie tecnici, propri e di terze parti, per garantire la corretta navigazione e analizzare il traffico e, con il tuo consenso, cookie di profilazione e altri strumenti di tracciamento di terzi per mostrare video e misurare l'efficacia delle attività di comunicazione istituzionale. Puoi rifiutare i cookie non necessari e di profilazione cliccando su “Rifiuta tutti”. Puoi scegliere di acconsentirne l’utilizzo cliccando su “Accetta tutti” oppure puoi personalizzare le tue scelte cliccando su “Rivedi le tue scelte sui cookie”.
Lunedì 08 Luglio 2024
Un gruppo internazionale di ricerca guidato dall’INAF ha utilizzato lo spettrografo a bordo del JWST di NASA, ESA e CSA per osservare l'interazione tra un quasar all’interno del sistema PJ308–21 e due galassie satelliti massicce nell’universo lontano
Immagine
JWST

Un gruppo internazionale di ricerca guidato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) ha utilizzato lo spettrografo nel vicino infrarosso NIRSpec a bordo del James Webb Space Telescope (JWST di NASA, ESA e CSA) per osservare la drammatica interazione tra un quasar all’interno del sistema PJ308–21 e due galassie satelliti massicce nell’universo lontano. Le osservazioni, realizzate a settembre 2022, hanno rivelato dettagli senza precedenti fornendo nuove informazioni sulla crescita delle galassie nell'universo primordiale. I risultati sono stati riportati nell'articolo A quasar-galaxy merger at z ∼ 6.2: rapid host growth via accretion of two massive satellite galaxies, di prossima pubblicazione nella rivista Astronomy & Astrophysics, e sono stati presentati durante il meeting della European Astronomical Society (EAS) a Padova.
Fra gli autori, Massimo Dotti, professore associato di Astrofisica, cosmologia e scienza delle spazio all'Università di Milano-Bicocca. 

Lo studio ha mostrato che sia i buchi neri al centro di quasar ad alto redshift, sia le galassie che li ospitano attraversano una crescita estremamente efficiente e tumultuosa già nel primo miliardo di anni di storia cosmica, coadiuvata dal ricco ambiente galattico in cui queste sorgenti si formano.  

Le osservazioni sono state realizzate in modalità di spettroscopia a campo integrale: per ogni pixel dell'immagine si ottiene l'intero spettro della banda ottica nel sistema di riferimento delle sorgenti osservate, che a causa dell’espansione dell’universo viene osservato nell’infrarosso. Ciò consente di studiare vari traccianti del gas (righe di emissione) con un approccio 3D. Grazie a questa tecnica il team (formato da 34 istituti di ricerca e università di tutto il mondo) ha rilevato emissioni spazialmente estese di diverse righe di emissione, che sono state utilizzate per studiare le proprietà del mezzo interstellare ionizzato, comprese la fonte e la durezza del campo di radiazione fotoionizzante, la metallicità, l'oscuramento della polvere, la densità elettronica e la temperatura, e il tasso di formazione stellare. Inoltre, è stata rilevata marginalmente l'emissione di luce stellare continua associata alle sorgenti compagne.

a cura di Redazione Centrale, ultimo aggiornamento il 08/07/2024