Giovani attenti e altruisti verso gli anziani percepiti come bisognosi

Lunedì, 28 Dicembre 2020

Gli uomini anziani e le donne di mezza età percepiti come bisognosi sono in grado di attirare l’attenzione dei giovani e di stimolare atteggiamenti altruistici e solidali.

Lo afferma uno studio del dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca dal titolo “Social categorization and joint attention: Interacting effects of age, sex, and social status” (https://doi.org/10.1016/j.actpsy.2020.103223) pubblicato sulla rivista “Acta psychologica” del gruppo Elsevier.

Il team di studiosi (Francesca Ciardo, Jacopo De Angelis, Barbara F.M. Marino, Rossana Actis-Grosso) coordinato da Paola Ricciardelli si è concentrato sull’analisi dell’attenzione condivisa, il comportamento per cui due persone, attraverso la direzione dello sguardo, prestano attenzione allo stesso oggetto o evento. L’attenzione condivisa è fondamentale per stabilire rapporti sociali efficaci: permette di capire i desideri, le intenzioni e gli stati mentali delle persone con cui interagiamo.

In questo studio, gli psicologi hanno indagato in un gruppo di giovani adulti (ragazzi tra i 18 e i 25 anni) se la condivisione dell’attenzione fosse influenzata dall’età, dal genere e dallo stato sociale della persona che si ha davanti.

I risultati hanno mostrato una maggiore tendenza a seguire lo sguardo (e quindi ad orientare la propria attenzione) di due categorie particolari di individui presentati con abiti stereotipicamente associati ad un basso stato sociale: le donne di mezza età e gli uomini anziani, indicando una maggiore propensione a condividere la propria attenzione con persone percepite come più disagiate. Verso le stesse categorie di persone, i ricercatori hanno riscontrato anche una maggiore propensione dei giovani a mettere in atto comportamenti altruistici, come l’aiuto economico o il prestito di un oggetto personale.

L’indagine è stata condotta attraverso tre esperimenti.       
A un gruppo di giovani adulti è stato chiesto di eseguire un compito in cui era chiesto loro di dirigere la propria attenzione verso un bersaglio spostando il proprio sguardo verso di esso e di ignorare lo sguardo di un volto distrattore che poteva guardare verso lo stesso bersaglio o in direzione opposta. Il volto da ignorare poteva essere maschile o femminile, ed appartenere a tre fasce d’età: giovani adulti, adulti di mezza età ed anziani. Tutti i volti potevano essere di alto o basso stato sociale.

Nel primo esperimento, lo stato sociale era determinato dalle informazioni relative alla posizione lavorativa e al prestigio sociale che erano state fornite in precedenza attraverso la lettura di un curriculum vitae ed erano state apprese dai partecipanti.

In un secondo esperimento, invece, lo status sociale del volto distrattore era determinato visivamente dagli abiti indossati che stereotipicamente indicavano una persona di alto o basso stato sociale (es.  abito elegante con giacca e cravatta o tuta da operaio).

In linea con gli studi precedenti, i risultati del primo esperimento hanno rivelato che, da parte dei giovani, i volti di persone anziane distraggono di meno e si ignorano, quindi, con più facilità (si veda Ciardo et al. 2014), confermando la tendenza a condividere la propria attenzione con persone giovani e con gli adulti di mezza età rispetto agli anziani.

Nel secondo esperimento, invece, si è scoperto che l'età non ha un effetto generale ma interagisce con lo stato sociale e il genere, in particolare si è trovato che a distrarre maggiormente sono le donne di mezza età a basso stato sociale e gli uomini anziani a basso stato sociale.

Su questa base, i ricercatori hanno condotto un terzo esperimento, nel quale hanno esaminato la frequenza di comportamenti prosociali indotti dai volti utilizzati nei primi due esperimenti. Ai giovani adulti è stato chiesto di indicare, attraverso un gioco economico, quanti soldi avrebbero voluto condividere con ciascun volto, e quanto fossero stati inclini a mettere in atto nei loro confronti dei comportamenti d’aiuto, come ad esempio prestare il proprio cellulare.

I risultati hanno mostrato che i comportamenti prosociali erano più frequenti proprio verso gli stessi volti (e categorie sociali) che, nel secondo esperimento, avevano portato i partecipanti a condividere maggiormente la propria attenzione, ossia le donne di mezza età a basso stato sociale e gli uomini anziani a basso stato sociale.

«Nel complesso i risultati del nostro studio forniscono nuove evidenze sullo stretto rapporto tra stereotipi, attenzione condivisa e interazioni sociali – spiega la professoressa Paola Ricciardelli (psicologia generale) -. In particolare, rispetto al primo lavoro, suggeriscono che i giovani tendono a rivolgere la propria attenzione verso gli anziani ma solo se percepiti come “bisognosi”. Più in generale, verso quelle categorie di persone che molto probabilmente la nostra società associa allo stereotipo di categoria bisognosa e che inducono con maggior frequenza comportamenti prosociali nei loro confronti».