#Bicocca20. Fotonica molecolare, nanoscienza e il curioso caso della coppa di Licurgo

Lunedì 04 Giugno 2018
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Francesco Meinardi

Continuano le interviste del progetto #Bicocca20, oggi celebriamo una delle più innovative ricerche nel campo dell’energia rinnovabile.

Il professore Francesco Meinardi, alla guida di un gruppo di studio del Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Ateneo Bicocca, ci racconta il suo viaggio condotto in questi anni tra fotonica molecolare, nanoscienza e il curioso caso della coppa di Licurgo.

Professor Meinardi, cosa si prefigge il vostro studio sulle energie rinnovabili?

L’obiettivo della nostra ricerca è quello di realizzare una nuova generazione di dispositivi fotovoltaici trasparenti, detti concentratori solari luminescenti o LSC. Con essi sarà possibile trasformare le comuni vetrate e finestre da elementi architettonici puramente passivi, che svolgono il solo compito di isolare termicamente i nostri edifici, in generatori di energia pulita.

Come spesso accade, questa ricerca è nata grazie a una serie di combinazioni fortunate che abbiamo avuto il merito di riconoscere e sfruttare. Io sono un fisico della materia specializzato nella fotonica molecolare. Introno al 2012 ero stato coinvolto in un progetto esplorativo finanziato dalla fondazione Cariplo finalizzato proprio allo sviluppo degli LSC, occasione che mi aveva permesso di verificarne sia le potenzialità che i limiti. Proprio in quel periodo rientrava in Italia Sergio Brovelli che durante una pluriennale permanenza all’estero aveva avuto modo di consolidare la sua esperienza sui nano materiali.

Discutendo di come collaborare nel modo più fruttuoso possibile, abbiamo realizzato che grazie alle nostre competenze complementari avevamo in mano tutti i pezzi del puzzle che servivano per far fare alla tecnologia degli LSC quel salto qualitativo che era necessario a portarli dal livello di ricerca puramente accademica a quello di dispositivo utilizzabile nel mondo reale.

Come funzionano i vostri dispositivi e perché sono importanti i vostri risultati?

Un LSC è sostanzialmente una lastra di materiale trasparente in cui sono dispersi dei coloranti.

Questi ultimi assorbono una parte della radiazione solare e la riemettono all’interno della lastra all’interno della quale resta intrappolata fino a quando non ne raggiunge il perimetro. Qui, delle piccole celle solari convenzionali trasformano la luce in energia elettrica.

In questo modo si può realizzare un pannello fotovoltaico indistinguibile da un normale vetro se non per il fatto di essere un po’ più scuro, il quale può quindi essere integrato in qualsiasi contesto architettonico praticamente senza alcun impatto estetico.

Il problema che rende difficile  far funzionare questi dispositivi deriva dal fatto che alla natura piace molto la simmetria. Ciò comporta che tutti i coloranti convenzionali non assorbono solo la luce del sole ma anche quella emessa da loro stessi che così non riesce a percorrere tutta la strada necessaria a raggiungere il bordo del pannello per la sua conversione in elettricità.

Noi abbiamo individuato una classe di nano materiali in cui il processo di assorbimento ed emissione della luce sono completamente disaccoppiati e con i quali è quindi possibile realizzare LSC anche con le grandi dimensioni tipiche di una vetrata. 

A questo primo studio, pubblicato su Nature Photonics nel 2014, ne sono seguiti altri in cui abbiamo sviluppato nuove famiglie di nano materiali, sempre con questa proprietà fondamentale, ma via via più efficienti, meno costosi e a sempre più basso impatto ambientale. Questi risultati, ovviamente dopo essere stati brevettati, sono stati pubblicati su Nature Nanotechnology nel 2015 e di nuovo su Nature Photonics nel 2017. Nello stesso anno, come riconoscimento dell’impatto che le nostre ricerche hanno avuto nel settore, siamo anche stati invitati a scrivere un articolo sulle prospettive future di questa tecnologia per Nature Reviews Materials.

Ritiene possibile una realizzazione su larga scala di questa tecnologia?

Verso la fine del 2016, insieme al mio collega ed a una compagine di investitori, tutti privati, abbiamo fondato uno spin-off dell’Ateneo (Glass to Power),che ha come obiettivo quello di industrializzare la tecnologia degli LSC realizzati a partire dai nostrinano materiali.

Se non incontreremo particolari intoppi nel processo di certificazione, contiamo di essere pronti per entrare sul mercato già a partire dall’anno prossimo. A questo proposito è molto importante sottolineare che noi non ci vogliamo porre in competizione con il fotovoltaico tradizionale a base di silicio, che rappresenta una tecnologia assolutamente consolidata, efficiente, e ormai anche a basso costo.  Al contrario vogliamo proporci come un complemento ad essa. Il limite attuale delle principali fonti di energia rinnovabile è infatti solo quello derivante dal fatto che sono a bassa intensità e quindi hanno un costo molto elevato in termini di consumo del territorio.

La nostra tecnologia è pensata per essere istallata sulle facciate degli edifici, dove il fotovoltaico opaco non risulta idoneo, e che hanno superfici molto maggiori dei tetti e quindi posso complessivamente produrre grandi quantità di energia. Sfruttando quindi spazi, che sono già di fatto utilizzati, essa azzera i costi ambientali e potrà contribuire efficacemente a rendere autonomi dal punto di vista energetico tutti gli edifici delle nostre città.

Il suo gruppo di studio è impegnato anche in altri ambiti della nano-scienza, ci può spiegare esattamente in quali?

A questo proposito posso citare il nostro studio su sistemi che abbiamo battezzato Pexcimer: si tratta di un tipico lavoro di nano-scienza, una disciplina a cavallo tra Fisica, Chimica e Scienza dei Materiali che sfrutta il fatto che le proprietà di oggetti costituiti da pochi atomi possono essere drasticamente diverse da quelle che lo stesso oggetto ha quando le sue dimensioni sono macroscopiche. Seppur in modo inconsapevole questo fenomeno è stato sfruttato fin dall’antichità al fine ottenere particolari colorazioni del vetro. L’esempio più famoso è probabilmente la coppa di Licurgo che risulta rossa o verde a seconda di come la si illumina. Questo effetto è dovuto all’inclusione nel vetro di nanoparticelle di oro e argento, due metalli che in forma massiva sono rispettivamente giallo il primo e del tutto incolore il secondo.

Nel lavoro pubblicato su Science nel 2016 abbiamo costruito un tipo di nano materiale completamente nuovo costituito da blocchi di otto atomi d’oro che, grazie a delle specie di connettori realizzati con molecole organiche, abbiamo forzato a stare vicinissimi l’uno all’altro senza però fondersi in un unico blocco più grande. E’ però sufficiente eccitare questi sistemi fornendo loro un po’ di energia, per esempio illuminandoli, perché le interazioni tra i singoli blocchi, detti nano cluster, aumentino fino al punto che essi si comportano come se fossero costituiti da 16 atomi ciascuno.

In altre parole abbiamo creato un nano materiale le cui proprietà possono essere cambiate dinamicamente ed in modo reversibile infinite volte rendendole idonee ad una infinità di applicazioni. Noi in particolare le abbiamo utilizzate come sonde intracellulari scoprendo tra l’altro che hanno anche proprietà anti-citotossiche riducendo le concentrazioni di radicali dannosi per le nostre cellule.

Sembra un lavoro che richiede competenze in settori molto diversi tra di loro.

Effettivamente è proprio così, e questo a volte è un fattore che limita la qualità della ricerca delle nostre Università in cui operano spesso gruppi piuttosto piccoli ed un po’ chiusi su sé stessi.

In questo senso il nostro gruppo di ricerca è invece molto avvantaggiato, vistache è costituito altre che da me anche dal professore Sergio Brovelli che ho citato prima, dal dottor Angelo Monguzzi, il quale pur essendo un fisico, da qualche anno si occupa anche di applicazioni nel settore bio-medicale.

Un aiuto significativo è poi venuto da colleghi di altri Dipartimenti specialmente per quanto riguarda caratterizzazioni che richiedo strumentazioni particolarmente complesse sulle quali il nostro Ateneo, dimostrando una notevole lungimiranza, ha da sempre intrapreso una politica di investimenti importanti.

Infine abbiamo sfruttato una serie di collaborazioni che avevamo già in atto con ricercatori di altri Atenei e centri di ricerca per completare quanto ancora ci mancava. Devo però dire con un certo orgoglio che tutta questa ricerca è stata condotta in Italia a dimostrazione di quanto anche da noi si riesca ad ottenere a dispetto del cronico sottofinanziamento di cui soffriamo rispetto non solo ai principali paesi avanzati ma ormai anche in confronto a molti paesi cosiddetti emergenti. 

Quali sono gli sviluppi futuri verso i quali vi state indirizzando?

Data la facilità con cui riusciamo a manipolare le proprietà di questi nuovi nano materiali stiamo studiando applicazioni realmente a 360 gradi.

Per esempio, oltre ad estendere la realizzazione delle nostre nanoparticelle evanescenti ad atri atomi oltre a quelli d’oro, stiamo impiegando dei cluster metallici per realizzare il cosiddetto doping quantizzato di altri nano sistemi.

E’ ancora una tematica di ricerca estremamente di base, ma già si vedono all’orizzonte possibili applicazioni a dispositivi reali. Inoltre, insieme ad alcuni dei gruppi coinvolti proprio in questa ricerca, abbiamo da poco vinto un finanziamento dal MIUR  per sviluppare l’uso di nano materiali multifunzionali nella terapia della distrofia muscolare.      

Per saperne di più:

Nature Photonics nel 2014: https://www.nature.com/articles/nphoton.2014.54

Nature Nanotechnology nel 2015: https://www.nature.com/articles/nnano.2015.178

Nature Photonics nel 2017: https://www.nature.com/articles/nphoton.2017.5

Nature ReviewsMaterials: https://www.nature.com/articles/natrevmats201772

SPIN OFF Glass to Power: http://www.glasstopower.com/

 

#Bicocca20 è una storia di ricerca, didattica e innovazione. Volti di uomini e di donne che hanno fatto la storia di Milano-Bicocca. Ed è per questo che attraverso le ricerche e gli studi più significativi vogliamo raccontare la vita del Campus vista dai laboratori.

Intervista di Rossella Guido

a cura di Redazione Centrale, ultimo aggiornamento il 04/06/2018