I contenitori di plastica per alimenti riscaldati al microonde possono rilasciare microplastiche

Questo sito utilizza cookie tecnici, propri e di terze parti, per garantire la corretta navigazione e analizzare il traffico e, con il tuo consenso, cookie di profilazione e altri strumenti di tracciamento di terzi per mostrare video e misurare l'efficacia delle attività di comunicazione istituzionale. Puoi rifiutare i cookie non necessari e di profilazione cliccando su “Rifiuta tutti”. Puoi scegliere di acconsentirne l’utilizzo cliccando su “Accetta tutti” oppure puoi personalizzare le tue scelte cliccando su “Rivedi le tue scelte sui cookie”.
Giovedì 23 Maggio 2024
Uno studio, condotto dall’Università degli Studi di Milano in collaborazione con l’azienda Eos e l’Università di Milano-Bicocca, ha rilevato microplastiche nei contenitori alimentari riscaldati al microonde, che possono disperdersi nell’ambiente quando no
Immagine
microplastiche

Portarsi in ufficio il pranzo nella cosiddetta “schiscetta” e scaldarlo al microonde in maniera non appropriata può contribuire al rilascio di microplastiche nell’ambiente. È quanto emerso da uno studio coordinato dall’Università Statale di Milano, in collaborazione con l’Università di Milano-Bicocca e svolto presso EOS, un’azienda che sviluppa una tecnologia per la caratterizzazione ottica di polveri ideata nei laboratori di Fisica dell’Università Statale di Milano, chiamata “SPES” (Single Particle Extinction and Scattering).

L’idea di verificare se i contenitori alimentari in plastica scaldati al microonde rilasciassero micro e nanoplastiche è partita da EOS, che ha utilizzato la tecnologia “SPES” evidenziando la formazione sistematica di nano e micro-sfere di plastica durante il riscaldamento di acqua pura, un esperimento controllato volto a simulare quanto avviene durante il riscaldamento del cibo.

a cura di Redazione Centrale, ultimo aggiornamento il 23/05/2024