La rivista Scientific Reports ha pubblicato uno studio dedicato alle relazioni fra esposizione a nanoparticelle di origine urbana e risposte biologiche in cellule dell’epitelio polmonare alle tipiche concentrazioni di materiale particolato fine (PM 2.5) che è stato coordinato dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-Isac) e svolto in collaborazione con le Università di Milano-Bicocca e Università Statale di Milano e con Università di Roma "La Sapienza".
Grazie a una metodologia innovativa, la ricerca ha evidenziato come tale esposizione possa essere associata all'attivazione di risposte pro-ossidative e infiammatorie, alla base dello sviluppo di malattie polmonari, anche a bassi valori di PM 2.5. La metodologia si basa sull’esposizione diretta di cellule bronchiali umane in campo (laddove è possibile caratterizzare online il PM2.5, in questo caso in Pianura Padana).
"L’innovativa modalità di esposizione dei sistemi biologici sviluppata e applicata in diversi ambiti permette di ricavare dati e informazioni direttamente trasferibili all’uomo per la valutazione del rischio derivante dall’inalazione di inquinanti aerodispersi. Siamo tra i pochissimi gruppi in Europa e nel Mondo che applicano questa procedura. E questo grazie alla decennale esperienza dei ricercatori di Milano-Bicocca e del Centro di Ricerca Polaris nel valutare gli impatti tossicologici di particelle e altri inquinanti aerodispersi” spiega il dott. Maurizio Gualtieri, ricercatore di Milano-Bicocca e precedentemente in Enea.
Lo studio propone raccomandazioni per nuove linee guida sul PM 2.5, che potranno essere di supporto alla stesura della nuova normativa sulla qualità dell’aria.