D-Arianna, l’app che riduce le super bevute tra i giovani

Questo sito utilizza cookie tecnici, propri e di terze parti, per garantire la corretta navigazione e analizzare il traffico e, con il tuo consenso, cookie di profilazione e altri strumenti di tracciamento di terzi per mostrare video e misurare l'efficacia delle attività di comunicazione istituzionale. Puoi rifiutare i cookie non necessari e di profilazione cliccando su “Rifiuta tutti”. Puoi scegliere di acconsentirne l’utilizzo cliccando su “Accetta tutti” oppure puoi personalizzare le tue scelte cliccando su “Rivedi le tue scelte sui cookie”.
Giovedì, 28 Aprile 2016

Milano, 28 aprile 2016 – Dal 37 al 18 per cento. Di tanto si è ridotto il rischio di binge drinking, ovvero l’assunzione di elevate quantità di alcool in brevi periodi di tempo, grazie all’uso di D-Arianna, l’applicazione per smartphone realizzata dai ricercatori del dipartimento di Medicina e chirurgia dell’Università di Milano-Bicocca.

L’app è stata sviluppata nell’ambito di una ricerca condotta da Giuseppe Carrà e Massimo Clerici, rispettivamente ricercatore e professore associato di psichiatria nell’ateneo milanese, insieme con Paul E. Bebbington, professore emerito della stessa disciplina dello University college di Londra.

Il binge drinking è definito come l’assunzione consecutiva di più di cinque bevande alcooliche per gli uomini e quattro per le donne. D-Arianna consente di stimare il relativo rischio grazie a una serie di domande sulle abitudini di consumo di alcool e sostanze stupefacenti e non solo. L’applicazione è scaricabile gratuitamente da Google Play e Apple Store ed è stata inserita nella National health apps library del Regno Unito. I risultati della sperimentazione dell’applicativo sono stati pubblicati sulla rivista Journal of adolescent health (IF 3.61: Impact of a Mobile E-Health Intervention on Binge Drinking in Young People: The digitale Alcohol Risk Alertness Notifying Network for Adolescents and Young Adults Project). La ricerca ha riguardato 507 giovani tra i 18 e i 24 anni, 264 donne e 243 uomini, reclutati in prossimità di pub, discoteche e aree concertistiche dell’area metropolitana di Milano.

Dodici intervistatori, formati per dieci giorni, di età vicina a quella degli intervistati, hanno intervistato i giovani tra i 18 e i 24 anni nei luoghi più caratteristici della movida milanese, in particolare in zone ove la concentrazione di locali notturni è particolarmente elevata. Tra le domande proposte dall’app, il rapporto con alcool, fumo e droghe a livello personale e nella propria cerchia di amici, l’età in cui si è iniziato a fare uso di alcool e altre sostanze, il successo negli studi, l’attività lavorativa svolta, il background familiare e sociale, le convinzioni riguardo agli effetti, anche sociali, prodotti dall’uso dell’alcool.

 Sulla base delle risposte, combinando i pesi relativi dei fattori correlati al binge drinking, derivanti dalla meta-analisi, attraverso un'equazione di stima del rischio, si è ottenuto un unico punteggio complessivo e sono stati individuati tre livelli di rischio: basso (0-43%), moderato (43.1-82%), alto (82.1-100%). Dopo due settimane è stato fatto ripetere il test ed eseguendo lo stesso calcolo è emerso che il fenomeno del binge drinking tra i partecipanti si è più che dimezzato, passando appunto dal 37 al 18 per cento.

Il lavoro ha coinvolto anche dottori di ricerca, dottorandi e specializzandi del dipartimento di Medicina e chirurgia dell’Università di Milano-Bicocca, tra i quali Francesco Bartoli, Daniele Carretta, Cristina Crocamo e Alessandro Schivalocchi.

«La combinazione tra il rigore metodologico della ricerca sulla prevenzione dei fattori di rischio – dicono Carrà e Clerici – con la tecnologia si è dimostrata efficace e interessante per la popolazione giovanile, che ha molta dimestichezza con gli smartphone».

L’applicazione è stata sviluppata dalla software house Eikondata in due versioni, rispettivamente in lingua italiana (Android, iPhone) e inglese (Adroid, iPhone), ed è rivolta principalmente ai giovani coinvolti o potenzialmente coinvolti nel fenomeno del binge drinking, come ad esempio i frequentatori più assidui di discoteche e luoghi di ritrovo.

La ricerca è stata finanziata dalla Fondazione della comunità Monza e Brianza onlus, sostenuta dalla Fondazione Cariplo.

La schermata dell'applicazione con il risultato del test