Coralli: ecco gli organismi che li salvano da predatori e malattie

Mercoledì, 20 Dicembre 2017

Milano, 20 Dicembre 2017 – I coralli che ospitano i piccoli idrozoi del genere Zanclea sono meno graditi ai predatori e si ammalano di meno.

Lo hanno scoperto i ricercatori di ecologia del MaRHE Center dell’Università di Milano-Bicocca insieme a colleghi nazionali e internazionali del Joint Research Centre di Ispra, dell’Università dell’Aquila, dell’IRD Francese e dell’Università Saudita KAUST: lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista scientifica “Proceedings of the Royal Society B – Biological Sciences” (S. Montano, S. Fattorini, V. Parravicini, M.L. Berumen, P. Galli, D. Maggioni, R. Arrigoni, D. Seveso e G. Strona, Corals hosting symbiotic hydrozoans are less susceptible to predation and disease).

L’articolo rivela come dei piccoli invertebrati di dimensioni inferiori al millimetro siano in grado di svolgere un importante ruolo ecologico fino ad oggi ignorato: in particolare, analizzando lo stato di salute di più di 2.450 colonie di corallo alle Maldive e in Arabia Saudita, i ricercatori hanno dimostrato che i coralli che ospitano idrozoi simbionti (cioè che vivono in un rapporto di simbiosi con altri organismi viventi) tendono ad essere meno soggetti a predazione e malattie.

Gli idrozoi infatti appartengono all’ampio gruppo degli cnidari di cui fanno parte anche le meduse e, come le meduse, possiedono delle cellule urticanti. È chiaro che, date le dimensioni ridotte, un singolo idrozoo non rappresenta una minaccia per organismi sensibilmente più grandi quali spesso sono i naturali predatori dei coralli (o corallivori), ma gli idrozoi sono in grado di formare colonie ad elevata densità di individui: più di 50 per centimetro quadrato di corallo. Tali colonie formano un vero e proprio “tappeto urticante” che, steso su un corallo, è in grado di renderlo una preda meno appetibile per i pesci corallivori e i molluschi gasteropodi del genere Drupella, dirottandoli verso colonie di corallo prive di tale forma di protezione. Lo studio suggerisce anche che questa forma di protezione diretta dai corallivori potrebbe ridurre il rischio di infezione da parte di organismi patogeni solitamente facilitati dalla presenza di lesioni aperte o trasportati da un corallo all’altro dai predatori.

In questo modo, i piccoli organismi simbionti si dimostrano in grado di aumentare la naturale capacità di sopravvivenza dei coralli: un aspetto cruciale in uno scenario come quello attuale, in cui le scogliere coralline di tutto il mondo sono a grave rischio di scomparire.

«Questo è un risultato molto importante perché dimostra come le interazioni ecologiche fra organismi possano essere cruciali per il futuro dei reef corallini – spiega Simone Montano, tecnologo e ricercatore presso il MaRHE Center dell’Università di Milano-Bicocca – inoltre, il fatto che un organismo ad oggi quasi completamente ignorato possa giocare un ruolo ecologico importante nel bilancio degli ecosistemi corallini ci fa riflettere su quanto ancora abbiamo da imparare per salvaguardare questi ambienti a rischio».

«L’azione protettiva di questi animali – aggiunge Giovanni Strona, ricercatore presso il Joint Research Centre della Commissione europea – potrebbe risultare decisiva per salvare la vita dei coralli in situazioni di disturbo intermedio: in questo senso gli idrozoi danno un importante contributo alla resilienza delle scogliere coralline. Tenendo conto che mezzo miliardo di persone basa la propria sussistenza sulle risorse derivanti dagli ecosistemi corallini, le implicazioni di questi risultati sono notevoli».