Milano, 6 dicembre 2010 - Arrivano nuovi e incoraggianti risultati nel trattamento della leucemia mieloide cronica. I risultati di una nuova terapia, basata su una molecola denominata Bosutinib, sono stati presentati nel corso del meeting della Società Americana di Ematologia (ASH) in corso a Orlando (USA).
Lo studio è stato coordinato da un gruppo di ricerca italiano che fa capo al dipartimento di Medicina clinica e prevenzione dell’Università di Milano-Bicocca e all’Unità di Ematologia dell’Ospedale San Gerardo di Monza.
I risultatiLa ricerca ha arruolato 502 pazienti in tutto il mondo, con un follow up di 14 mesi ed è consistita in un confronto terapeutico tra Bosutinib e Imatinib, il farmaco attualmente più utilizzato per contrastare la leucemia mieloide cronica.
«I risultati – ha spiegato Carlo Gambacorti Passerini, professore associato di Medicina Interna presso la facoltà di Medicina dell’Università di Milano Bicocca e responsabile del gruppo di ricerca – sono stati ancor più sorprendenti se si considera che Imatinib ha un’efficacia molto elevata ed era difficile sperare di individuare una molecola che riuscisse a migliorare la performance».
La ricrescita del midollo osseo normale si è verificata nel 79 per cento dei pazienti trattati con bosutinib contro il 75 per cento di quelli trattati con imatinib. Inoltre, bosutinib ha ottenuto una diminuzione più profonda del numero di cellule leucemiche residue, con quasi metá (47 per cento) dei pazienti trattati che hanno ottenuto una risposta molecolare maggiore (che significa la presenza di meno di una cellula leucemica su mille), rispetto a solo un terzo (32 per cento) dei pazienti trattati con imatinib.
Ancora più significativo il dato sui pazienti morti a causa della leucemia, che sono passati dal 4 per cento (imatinib) al 1 per cento (bosutinib), ed in quelli in cui la malattia è progredita, ridottisi dal 10 per cento (imatinib) al 2.8 per cento (bosutinib).«Questi dati fanno sperare che, data la più profonda diminuzione delle cellule leucemiche residue ottenuta con bosutinib, si possa giungere alla completa eradicazione della malattia e quindi alla sospensione della terapia in una frazione consistente di pazienti, cosa che invece non è possibile con imatinib. È comunque prematuro dire se bosutinib soppianterà imatinib nella terapia di prima linea della malattia. Sono necessari dati di follow-up più lunghi e soprattutto una valutazione molto attenta del rapporto tra costi e benefici», ha concluso Gambacorti-Passerini.
La leucemia mieloide cronica è un tumore del sangue alla cui origine sembra esserci la “traslocazione” reciproca di segmenti di DNA tra i cromosomi 9 e 22, con formazione del cosiddetto cromosoma Philadelphia (Ph), corrispondente ad un cromosoma 22 in cui si è creato il gene di fusione BCR-ABL. In Italia le persone colpite sono circa 15 mila con mille nuovi casi all’anno (da 1 a 2 persone colpite ogni anno su 100 mila abitanti).
Carlo Gambacorti Passerini è professore associato di Medicina Interna presso l’Università di Milano Bicocca, conduce attività clinica nell'Unità di Ematologia dell’Ospedale San Gerardo di Monza, diretta dal prof. Enrico Pogliani, ed è responsabile dell'Unità di Ricerca Clinica dello stesso Ospedale. Le sue ricerche sono finanziate in parte dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) e dalla Fondazione CARIPLO.