L’uno-due che mette al tappeto le infezioni cutanee

Venerdì, 22 Settembre 2017

Milano, 21 settembre 2017 – Sono due le fasi attraverso cui il nostro sistema immunitario risponde alle infezioni cutanee, come quelle provocate da Candida albicans e Staphilococcus aureus.

Nella prima, i globuli bianchi costruiscono insieme al collagene una barriera che evita la diffusione dell’infezione. Con la seconda fase, è l’attivazione di un enzima, la plasmina, che provoca una ferita dei tessuti, aprendo la via all’espulsione dei microrganismi responsabili dell’infezione e facendo così iniziare il processo di riparazione.

A spiegare per la prima volta questo meccanismo è lo studio “Skin infections are eliminated by cooperation of the fibrinolytic and innate immune systemspubblicato su Science Immunology e realizzato da William Santus, Francesca Granucci e Ivan Zanoni, rispettivamente dottorando, docente e ricercatore di patologia generale presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con Achille Broggi, ricercatore dell’Harvard Medical School presso il Boston Children’s Hospital, Divisione di Gastroenterologia.

Durante la prima fase, i granulociti, cioè un particolare tipo di globuli bianchi, si convogliano nel luogo dell’infezione e formano un ascesso circondato da una capsula di collagene che funziona da barriera per bloccare i microrganismi e evitare così la diffusione dell’infezione.

Nello stesso tempo, dei linfociti del sistema immunitario, le cosiddette cellule Natural Killer, attivatesi in seguito all’infezione, producono la molecola infiammatoria IFN-gamma che da una parte evita la produzione eccessiva di collagene, e dall’altra induce la produzione di plasmina, un enzima con il principale compito di sciogliere i coaguli formatisi in seguito a lesioni vascolari.

Inizia ora la seconda fase grazie alla plasmina che attiva altri enzimi chiamati proteasi, rilasciati nel tessuto infiammato, i quali avranno il compito di rimuovere la capsula di collagene e provocare una ferita dei tessuti, da cui vengono espulsi i microrganismi e i granulociti ormai morti contenuti all’interno dell’ascesso.

In questo modo l’ascesso si svuota, l’infezione viene eliminata e può avere inizio il processo riparativo dei tessuti.

Al contrario, si è notato che quando la molecola IFN-gamma non viene prodotta o viene prodotta in scarsa quantità, si forma una spessa capsula di collagene intorno all’ascesso che impedisce la formazione dell’ulcerazione e quindi l’eliminazione dei microrganismi, prolungando anche di mesi la guarigione dell’infezione.

«Questo lavoro, per ora realizzato su modelli animali – sottolinea Francesca Granucci, docente di patologia generale di Milano-Bicocca - offre una possibile spiegazione molecolare del perché gli individui soggetti a terapie immunosoppressive o individui con mutazioni che impediscono il funzionamento dell’IFN-gamma soffrano di infezioni cutanee ricorrenti. Stiamo ora valutando se l’IFN-gamma, somministrato in loco in diverse forme, come crema, veicolato da nanoparticelle o in associazione a farmaci antibiotici, possa accelerare il processo di eliminazione definitiva di infezioni a livello cutaneo e gengivale».