Milano-Bicocca, il lavoro diventa smart

Lunedì, 24 Giugno 2019

Si scrive Smart Working, si legge lavoro fuori ufficio.
Dopo aver preso parte al progetto sul Lavoro agile organizzato nel 2018 in collaborazione con il Comune di Milano, dal primo maggio di quest’anno l’Università di Milano-Bicocca ha introdotto lo smart working, scelto da un dipendente su cinque.

Più flessibilità negli orari di lavoro, autonomia nella gestione delle attività e migliore bilanciamento dei tempi di vita e di lavoro: queste le caratteristiche del lavoro agile che può essere svolto al di fuori dei locali dell’Ateneo dal personale dirigente e tecnico amministrativo per quattro giorni al mese, di cui una giornata al massimo a settimana.   
L’adesione allo smart working è su base volontaria e prevede un accordo tra lavoratore e responsabile, nel quale vengono definite le modalità di esecuzione del lavoro e gli strumenti informatici da utilizzare.        

Con lo smartworking, l’Università punta allo sviluppo di una cultura gestionale orientata al lavoro per obiettivi e risultati, ad un incremento della produttività e all’introduzione di nuove tecnologie e reti di comunicazione che rendano sempre più fruibile la connessione in mobilità. Benefici non solo per l’Ateneo e per i lavoratori, ma anche per l’ambiente: il lavoro agile e la conseguente riduzione degli spostamenti casa-lavoro-casa determinano una riduzione dell’emissione di CO2 dovute al traffico automobilistico.

Gli smartworker dell’Università Bicocca sono 166, tra cui 110 donne e 56 uomini, l’età media è di 44 anni e provengono da tutte le aree dell’amministrazione e da quattro dipartimenti.

«Con l’introduzione dello smart working, ancora una volta Milano-Bicocca agevola la qualità della vita dei propri dipendenti e promuove il modello innovativo di ‘lavoro flessibile’ – afferma Cristina Messa, rettore dell’Università di Milano-Bicocca – oggi, infatti, l’evoluzione tecnologica consente di oltrepassare la visione tradizionale di professione vincolata a un’unica sede di lavoro e favorire le esigenze e l’autonomia del personale che così può valorizzare le menti, conciliando spazi e tempi diversi».

«In una logica di promozione del benessere del lavoratore, dell’orientamento al risultato e della sostenibilità – spiega Loredana Luzzi, direttore generale dell’Università di Milano-Bicocca - non sono stati posti limiti numerici all’accesso allo smart working. Ciò che è stato valutato è la fattibilità del lavoro, per un giorno alla settimana, in un luogo diverso da quello dell’ufficio facilitando la conciliazione fra i tempi di vita e quelli del lavoro: non è un caso che le donne che hanno fruito di tale opportunità sono il doppio degli uomini».