Gestione del personale, tra tagli e formazione ecco cosa cambia in Italia

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Giovedì, 19 Novembre 2009

Milano, 19 novembre 2009 - Come si ristruttura al tempo della crisi? Come si gestiscono gli esuberi e i ricollocamenti? Sono solo alcune delle domande alle quali risponde l'indagine svolta dal Training & Development Centre dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca in collaborazione con AIDP Associazione Italiana del Personale, nel quadro del programma di ricerca Cranet al quale fanno capo oltre 40 università in Europa, negli Stati Uniti, in Giappone e in Australia.L'indagine ha coinvolto duecento imprese italiane con più di 250 addetti. L'analisi è stata condotta avendo come riferimento un campione che rappresenta un'impresa su 23 dell'universo (sampling rate del 4,39 per cento).La "fotografia" che è emersa dai dati presentati questa mattina mostra un identikit del management delle risorse umane dei settori manifatturiero, servizi di base e infrastrutturali, servizi finanziari e innovativi e delle imprese nazionali e multinazionali con casa madre in Italia e all'estero.Ecco, in pillole, i punti più importanti.

La gestione del personale in tempi crisiLa sfida attuale che le imprese italiane devono affrontare nel campo dello Human Resource Management consiste nel conciliare le politiche di riduzione dei costi (considerate prioritarie nel 24,6 per cento dei casi) con quelle di sviluppo del personale che riguardano l'accrescimento delle competenze (24,87 per cento). Le politiche di riduzione dei costi riguardano, nel 18,45 per cento dei casi, azioni mirate al recupero della produttività e alla riduzione del costo del lavoro, nel il 6,15 per cento investimenti in tecnologie informatiche.

La gestione degli esuberi e gli investimenti in formazioneLe aziende che hanno effettuato una ristrutturazione rappresentano il 15 per cento del campione. Lì dove è avvenuta, la riduzione del personale è stata superiore al 10 per cento dell'organico. Tra le leve di riduzione più utilizzate figurano, in primo luogo, le dimissioni incentivate (impiegate dal 76,9 per cento delle imprese ristrutturate), al secondo posto il mancato rinnovo dei contratti di lavoro a tempo determinato (68 per cento) e, infine, i licenziamenti collettivi (utilizzati dal 40 per cento delle aziende ristrutturate). Il taglio degli addetti, però, è stato accompagnato da maggiori investimenti in formazione, orientati in particolare ai ruoli esecutivi (operai): in media 3,2 giorni di formazione nelle aziende che hanno effettuato riduzioni a fronte di 2,5 giorni nelle altre aziende.

La responsabilità della direzione risorse umane e dei manager di lineaNelle imprese multinazionali con casa madre all'estero il dimensionamento dell'organico (quantità, mix e processi di selezione) risulta delegato in misura maggiore rispetto alle altre imprese alla responsabilità dei manager di linea (direttamente responsabili delle diverse funzioni). Le multinazionali con casa madre italiana adottano un modello che assegna maggiori responsabilità alla direzione del personale riguardo al complesso delle politiche del personale (retribuzioni e benefit, reclutamento e selezione, formazione e sviluppo, relazioni industriali e aumenti/riduzioni del personale).Fa eccezione la gestione delle relazioni industriali che risulta essere, nel complesso delle aziende analizzate, di diretta responsabilità della direzione Risorse Umane.

Multinazionali e formazione: estero batte Italia 4 a 3La formazione nelle aziende multinazionali estere e nelle multinazionali con casa madre in Italia risulta significativamente superiore rispetto alle aziende nazionali. Queste ultime infatti erogano in media 3,7 giorni di formazione per dipendente, mentre le multinazionali estere in Italia si attestano su una media di 4,4 giorni (4,3 giorni nelle multinazionali con casa madre in Italia).

Il lavoro femminile tra ritardi e isole feliciI programmi di pari opportunità nelle aziende risultano nel nostro Paese ancora sporadici e presenti solo in alcuni casi aziendali di avanguardia. Solo il 5,4 per cento delle aziende ha attivato percorsi orientati a favorire il rientro delle donne nel mercato del lavoro basati su programmi specifici di selezione, mentre il 6 per cento ha previsto percorsi di carriera dedicati alle quote rosa. Più diffuse risultano le pratiche di formazione, offerte dal 17 per cento circa delle aziende.La situazione, però, cambia sensibilmente nelle imprese che contano nel proprio organico più del 50 per cento di donne, dove i programmi rivolti a favorire il rientro delle donne nel mondo del lavoro riguardano in particolare i processi specifici di selezione (adottati dal 20 per cento delle aziende del campione) e la formazione (attivi nel 30 per cento delle aziende). Restano invece anche qui poco diffusi percorsi di carriera di pari opportunità.

L'identikit del Direttore del Personale...Il Direttore del Personale in Italia è uomo nell'84,8 per cento e donna nel 15,22 per cento dei casi. Il 100 per cento dei direttori donna sono laureati, mentre per gli uomini lo è solo l'84,6 per cento. La laurea prevalente è quella in giurisprudenza (37,5 per cento), a seguire le lauree in settori economici (26,3 per cento), in scienze sociali e politiche (23,7 per cento), umanistiche (7,5 per cento) e infine lauree in settori scientifici (5 per cento). Nel 54,9 per cento dei casi il Direttore del Personale proviene da altra organizzazione e nel 45,1 per cento ha svolto una carriera interna all'organizzazione di appartenenza. L'83,9 per cento dei direttori ha una carriera specialistica nelle attività del personale mentre solo nel 16,1 per cento dei casi ha una carriera pregressa in altre specializzazioni.

...e quanto conta in aziendaSe la partecipazione diretta del Direttore Risorse Umane al Consiglio di Amministrazione resta piuttosto limitata (solo nel 9,5 per cento delle aziende), la presenza nel Comitato di Direzione delle aziende si attesta intorno all'85 per cento dei casi.A questo proposito va aggiunto che solo nel 57 per cento delle aziende le politiche delle risorse umane trovano una formulazione esplicita, cioè, vengono formalizzate in un documento per essere comunicate agli stakeholders. Più in particolare, nelle imprese multinazionali (sia con casa madre all'estero sia con headquarter in Italia) le politiche delle risorse umane vengono comunicate in misura maggiore rispetto a quanto accade nelle imprese nazionali, entro le quali la strategia di risorse umane tende a rimanere implicita.

«I risultati della ricerca Cranet 2009 in Italia - ha spiegato Raoul Nacamulli, coordinatore del gruppo di ricerca Bicocca Training & Development Centre - confermano il ruolo chiave rivestito dalla gestione delle risorse umane nelle imprese italiane. Ciò mette in luce come le sfide della crisi possono essere superate dalle aziende solo e soltanto assumendo una prospettiva "ambidestra" che da un lato sia attenta all'efficienza ed alla produttività e dall'altro punti su investimenti, mirati e consapevoli, sulle conoscenze e sulla motivazione delle persone che costituiscono una componente importante del patrimonio delle imprese».

«Il network di ricerca Cranet del quale fanno parte l'Irlanda e l'Italia - ha detto Michael Morley, professore di Management e direttore del dipartimento di Management della Kemmy Business School della University of Limerick - produce, in maniera regolare e sistematica, dati ed analisi che permettono di ragionare sugli aspetti di convergenza e di divergenza delle imprese europee nel campo delle risorse umane consentendo di mettere in luce sia aspetti culturali sia differenze e similarità nelle pratiche di gestione delle risorse umane dei diversi Paesi».

Le aziende coinvolte e il metodo di campionamentoDalla Vodafone alla Techint, dalla Pirelli alla Maire Tecnimont, dal Gruppo Rewe alla Electrolux, alla Barclays e alla Prysmian, sono solo alcune delle oltre duecento aziende italiane che hanno partecipato al panel della ricerca. È la prima volta che una rilevazione mirata sulle risorse umane in Italia viene condotta su un campione così ampio e rappresentativo.Le aziende sono state scelte rispettando i criteri del campionamento per quote. Per fare ciò, e per ridurre l'errore di campionamento, è stato innanzitutto necessario effettuare un'analisi dell'universo italiano rispetto a due fattori ritenuti discriminanti:

• la distribuzione per settori di appartenenza di aziende di grandi dimensioni

• le regioni in cui sono localizzate queste aziende

Si è poi individuato in quale percentuale ogni singolo fattore ed ogni regione fosse rappresentato nell'universo.

Il network CranetLa rilevazione del network Cranet - giunta quest'anno alla quinta edizione - è realizzata nel nostro Paese dal partner italiano del network, il Bicocca Training & Development Centre dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca coordinato dal professor Raoul Nacamulli, ordinario di Organizzazione Aziendale nella stessa Università.La rete di ricerca Cranet (Cranfield Network on Comparative Human Resource Management - www.cranet.org), è un consorzio di Università di eccellenza costituito, una ventina di anni fa, allo scopo di studiare le pratiche di gestione delle risorse umane in una prospettiva di confronto internazionale. La rete è guidata dall'Università di Cranfield (Gran Bretagna) che l'ha promossa e, fra gli oltre 40 partner internazionali, comprende istituzioni europee di riconosciuto prestigio come Esade (Spagna), Lyon (Francia), Copenhagen Business School (Danimarca), WU Vien (Austria). Negli Stati Uniti, il partner è il Center for Advanced Human Resource Management (CAHRS) della Cornell University, la struttura probabilmente più accreditata scientificamente su scala mondiale.

Cartella Stampa e risultati della ricerca